giovedì 3 aprile 2008

L'ECOLOGISTA MATTIOLI LASCIA IL PD

Il noto fisico era tra i sette ecologisti del partito di Veltroni:
«Sono contrario alle aperture sul nucleare e all'ossessione della crescita».
E ora guarda con «simpatia» la Sinistra arcobaleno

Il giorno in cui la Sinistra Arcobaleno lancia la rete del sapere ecologista, il fisico Gianni Mattioli conquista di diritto la scena. Esperto dei fenomeni ambientali, con esperienze da parlamentare e da uomo di governo, ha fatto una scelta di parte: «Sono un uomo di movimento che non nasconde simpatia per le posizioni della Sinistra Arcobaleno». Lui che fino a poco tempo fa era tra i 7 ecologisti firmatari dell'appello pro-piddì.

Perché dopo anni questa scelta?
Vedevo nell'Ulivo prima e nel pd poi la capacità di una vera partita riformista nel paese: una forza capace di mettere insieme le ragioni delle classi più deboli con quelle della sostenibilità. Credevo fossero maturi i tempi per una sfida così ampia. Non mi convinceva invece la frammentazione di tutta la sinistra. Ma ho sbagliato.

Cosa ha determinato questa rottura con Veltroni?
I rapporti si sono incrinati quando si è iniziato a parlare dell'ambientalismo del sì. Poi con la stesura del programma, la rottura si è consumata definitivamente. Lì si è avuta la conferma: il pd punta in modo ossessivo sulla crescita e dice sì anche al nucleare. Neanche una parola sulle questioni dello sconvolgimento climatico e sul suo impatto nell'economia e sulle abitudini della gente. Dietro l'ambientalismo del fare si nasconde una grande ignoranza dal punto di vista del merito tecnico: ad esempio si ignora che un inceneritore, anche se ben costruito, ha un impatto salutare grave per i cittadini che vivono nelle zone limitrofe. Eravamo incompatibili.

Il programma del pd sul nucleare rimane molto ambiguo. Si spieghi meglio.
Si parla di nucleare di quarta generazione, cioè un progetto che forse vedrà luce nel 2025 è vero, ma rappresenta un'apertura confermata dalle ultime dichiarazioni di Letta e Bersani. Forse non staranno puntando veramente sul nucleare, ma l'ambiguità è sulla scia di quell'ambientalismo moderato sposato da Veltroni.

Si può riaffermare in questo momento l'ambientalismo del no?
Innanzitutto si deve puntare a uno sviluppo sostenibile che pone l'attenzione sull'eguaglianza tra le persone. Devono essere garantite a tutti le stesse opportunità e risorse. Il vero ecologismo prevede infatti la razionalizzazione e la redistribuzione delle ricchezze esistenti. Poi chi ora è accusato di bloccare lo sviluppo coi «no», è il vero riformista. Ha idee propositive: il fondamento è disegnare uno sviluppo basato su altri principi. I no al cemento, al Mose di Venezia, agli inceneritori e alle inutili infrastrutture come la Tirrenica, sono accompagnati da molti sì: come il restauro dei centri storici, il recupero dell'abbandonato, il ferro, il treno, l'eolico. Un principio che si basa sul limite delle risorse planetarie, in cui si mettono in discussione anche i nostri standard di vita quotidiani.

Così si è ritrovato a sposare il progetto della sinistra arcobaleno?
Le questioni che ho a cuore solo la sinistra le ha portate avanti. E le ultime uscite di Bertinotti mi piacciono: l'ambientalismo e la non violenza sono al centro di una nuova forza di sinistra. Parteciperò alla rete del sapere ecologista per mettere a disposizione le mie conoscenze.

Su Legambiente invece che mi dice? Molti la danno per persa nel pd.
Ho molta amarezza per la scelta fatta da ex dirigenti come Realacci e Della Seta, mentre stimo molto l'attuale presidente Cogliati Dezza. Sono convinto che toglierà dall'angolo l'associazione: Legambiente come qualcuno erroneamente pensa non è un'altra cosa. Si può recuperare se rifiuta con forza il finto ambientalismo del fare.

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